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La responsabilità tributaria nella cessione d’azienda

La responsabilità tributaria del cessionario, nel caso di alienazione dell’azienda, è regolata dall’art. 14 del D.Lgs. 472/1997, che – prescindendo dall’iscrizione dei debiti nelle scritture con­tabili – prevede la responsabilità solidale del cessionario con il ce­dente per il pagamento delle imposte e sanzioni riferite a violazioni com­messe nell’anno in cui è avvenuto il trasferimento dell’azienda e nei due precedenti, anche se non contestate o irrogate alla data delle cessio­ne: analoga responsabilità solidale tra cessionario e cedente sussiste in caso di violazioni commesse anche in epoca anteriore, e già contestate nel­l’anno in cui è avvenuto il trasferimento (C.M. 180/E/1998). Tuttavia, sono previste delle limitazioni alla suddetta responsabilità soli­dale, atteso che è riconosciuto al cessionario il beneficio della preventiva escussione del cedente: ciò significa che, nell’ipotesi in cui l’Erario non sia in grado di soddisfarsi sul patrimonio del cedente, potrà rivalersi sul cessionario d’azienda per il pagamento di debiti tributari (anche futuri), pure se questi non siano certi e determinati nell’ammon­tare al momento del trasferimento dell’azienda. In ogni caso, la responsabilità del ces­sio­nario non può eccedere il valore dell’azienda acquisita (o del ramo d’azienda), intendendosi per “valore” quello accertato dall’ufficio, ovve­ro, in mancanza di accertamento, al valore dichiarato dalle parti nell’atto di cessione.

La responsabilità solidale è altresì limitata al debito risultante, alla data del trasferimento, dagli atti degli uffici dell’Amministrazione finan­ziaria e degli altri enti preposti all’accertamento dei tributi.

Nell’ipotesi di cessione di ramo d’azienda, un’interpretazione logico-sistematica dell’art. 14 del D.Lgs. 472/1997 porterebbe a ritenere che, anche per i debiti tributari, debba applicarsi il principio dell’afferenza del debi­to al ramo d’azienda trasferito, ancorché potrebbe risultare estremamente complicato collegare un debito tributario con uno specifico ramo d’a­zien­­­da piuttosto che con altri comparti dell’impresa, facenti capo al me­desimo soggetto passivo d’imposta. Al verificarsi di tale circostanza, sarà compito del cessionario, provare che il debito non si riferisce al ramo d’azienda acquisito, bensì a quello (o quelli) rimasti nella disponibilità del cedente.

La giurisprudenza di legittimità ha precisato che la responsabilità del cessionario per i debiti tributari del cedente, prevista dal citato art. 14 del D.Lgs. 472/1997, è espressione di una specifica disciplina fiscale che ha come presupposto la cessione d’azienda (Cass. 11972/2015): per questa ragione, tale responsabilità permane anche qualora, successiva­mente all’atto di cessione d’azienda, si sia verificata la risoluzione del con­tratto per inadempimento. Quest’ultima non ha, infatti, effetto retro­attivo nei confronti dell’Erario in ragione dell’art. 1458, co. 2, c.c., se­condo cui “la risoluzione, anche se è stata espressamente pattuita, non pregiudica i diritti acquistati dai terzi, salvi gli effetti della trascrizione della domanda di risoluzione”.

In ogni caso, per consentire al cessionario di avere uno stato dell’ar­te delle pendenze con l’Erario dell’azienda oggetto del trasferimento, l’art. 14, co. 3, del D.Lgs. 472/1997 prevede la possibilità di richiedere all’Am­mi­ni­strazione finanziaria, territorialmente competente, il rilascio di un cer­ti­fi­cato da cui risulti l’esistenza di contestazioni in corso, non­ché di quelle già definite per le quali i debiti non sono stati soddisfatti.

A tal fine, il Di­ret­tore dell’Agenzia delle Entrate, con provv. 25.6.2001, ha approvato due modelli di certificato, relativi, rispettivamente, all’ac­cer­ta­mento di ca­ri­chi pendenti ed alla verifica dell’esistenza di conte­sta­zioni in corso. Questi modelli possono essere richiesti all’Amministrazione finan­ziaria sia dal cedente che dal cessionario: la disposizione di legge fa rife­rimento, infatti, al soggetto “interessato”, intendendosi per tale non sol­tan­to il cessionario, ma anche il cedente, il quale ha tutto l’interesse di di­mo­strare che l’azienda non presenta pendenze o contestazioni con l’Era­­rio. Analo­ga­men­te, anche il medesimo cessionario potrebbe essere altret­tan­to interes­sato, in quanto vuole porsi nella condizione di cono­sce­re pre­ven­tivamente le responsabilità che potrebbe incontrare con l’acqui­sto dell’azienda.

Entrambi i certificati sono rilasciati a seguito di richiesta in bollo, pre­sentata dall’interessato all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate compe­tente in base al domicilio fiscale del contribuente, e sono soggetti all’imposta di bollo e ai tributi speciali.

Una volta ricevuta la richiesta da parte del soggetto interessato, l’Uffi­cio competente – sulla base dei dati desunti dalle interrogazioni al si­ste­ma informativo dell’Anagrafe Tributaria, nonché per la sola com­pila­zio­ne del modello di certificazione in caso di cessione di azienda (avva­len­dosi di eventuali altri dati in proprio possesso)  – certifica la sus­si­stenza di carichi pendenti, specificando i relativi riferimenti normativi e, laddove presenti, il numero identificativo, l’ente emittente, il periodo d’im­posta, il maggior tributo e le sanzioni (minima/massima per proces­so verbale) comminate, nonché la data di notifica.

In caso di segnalazioni a carico del soggetto d’imposta, prima di rila­sciare la certificazione dell’esistenza di contestazioni in caso di cessione di azienda, l’Ufficio è tenuto a notificare il processo verbale di consta­tazione, al fine di poterlo riportare nella certificazione stessa.

Quanto ai tempi di rilascio delle predette certificazioni, sono previsti termini differenziati a seconda del certificato che viene richiesto e più precisamente:

  • la certificazione dei carichi pendenti risultanti al sistema infor­mativo dell’Anagrafe Tributaria deve essere rilasciata entro 30 giorni dalla data in cui la relativa richiesta è pervenuta all’Ufficio competente;
  • la certificazione dell’esistenza di contestazione in caso di cessione di azienda deve essere rilasciata, invece, entro 40 giorni dalla data in cui la relativa richiesta è pervenuta all’Ufficio competente.

In ogni caso, sia nell’ipotesi di esito negativo che in quella di mancata risposta alla richiesta entro i suddetti termini, il cessionario è piena­men­te liberato da qualsiasi responsabilità per i debiti tributari del cedente, pur­ché la cessione dell’azienda non sia stata posta in essere in frode a crediti tributari: in tal caso, per effetto di quanto prescritto dall’art. 14, co. 4, del D.Lgs. 472/1997, le limitazioni alla responsabilità non hanno ef­fet­to nei confronti del cessionario.

Si segnala, tuttavia, che l’art. 14 del D.Lgs. 472/1997 non trova applicazione quando la cessione avviene nell’ambito di uno degli istituti disciplinati dal D.Lgs. 14/2019 (composizione negoziata della crisi, accordi esecutivi dei piani attestati di risanamento o di ristrutturazione dei debiti, concordato preventivo, piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione, concordato minore, liquidazione giudiziale o controllata del sovraindebitato), come espressamente previsto dal novellato co. 5-bis della disposizione, salvo che ricorra l’ipotesi contemplata dal precedente co. 4 (cessione in frode dei crediti tributari).