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Limiti alla delocalizzazione delle imprese beneficiarie di aiuti di Stato

Il Decreto “Dignità” ha introdotto alcune norme dirette ad arginare la delocalizzazione delle attività economiche delle imprese, ovvero lo spostamento in altri Paesi dei processi produttivi, o di loro fasi, per ottenere vantaggi competitivi derivanti da un minore costo della manodopera e da una ridotta regolamentazione del mercato del lavoro o da altri benefici, soprattutto in termini fiscali. In particolare, sono stati stabiliti, nei confronti delle imprese che abbiano ricevuto aiuti di Stato, nuovi limiti alla delocalizzazione, da intendersi come il trasferimento, da parte dell’impresa beneficiaria dell’aiuto o di altra impresa con la quale vi sia un rapporto di controllo o collegamento ai sensi dell’art. 2359 c.c., dell’attività economica o di una sua parte dal sito produttivo incentivato ad un altro sito.

L’art. 5, co. 1, del D.L. 87/2018 dispone che, fatti salvi i vincoli derivanti dai trattati interna­zionali, le imprese italiane ed estere operanti nel territorio nazionale, che abbiano beneficiato di un aiuto di Stato che prevede l’effettuazione di investimenti produttivi ai fini dell’attribuzione del beneficio, decadono dall’agevolazione qualora l’attività economica interessata o una sua parte venga delocalizzata in Stati non appartenenti all’Unione Europea – ad eccezione degli Stati aderenti allo Spazio economico europeo – entro cinque anni dalla data di conclusione dell’iniziativa agevolata. Il limite trova applicazione indipendentemente dalla forma dell’investimento (contributo, finanziamento agevolato, garanzia, aiuti fiscali, ecc.) e dalle modalità di erogazione, essendo riferibile anche a quelle c.d. “automatiche” o “a sportello”.

In caso di decadenza dall’agevolazione, è altresì previsto che l’amministrazione titolare della misura di aiuto, anche se priva di articolazioni periferiche, accerti ed irroghi – in virtù di quanto prescritto dalla Legge 689/1981 – una sanzione amministrativa pecuniaria di ammontare da due a quattro volte l’importo dell’aiuto fruito. Questa disposizione esplica i propri effetti a prescindere dall’impatto sull’occupazione: non è, infatti, richiesta una misura minima di riduzione dell’organico quale presupposto per comminare la decadenza e le altre penalizzazioni.

L’art. 5, co. 2, del D.L. 87/2018 si occupa, invece, delle imprese italiane ed estere operanti nel territorio nazionale, che abbiano beneficiato di un aiuto di Stato che prevede l’effettuazione di investimenti produttivi specificamente localizzati ai fini dell’attribuzione dell’agevolazione, come nell’ipotesi del credito d’imposta nel Mezzogiorno di cui all’art. 1, co. 98 e ss., della Legge 205/2017. In particolare, il Decreto “Dignità” ha stabilito che, al di fuori dei casi contemplati dal citato co. 1 e fatti salvi i vincoli derivanti dalla normativa europea, le predette imprese decadono dal beneficio medesimo qualora l’attività economica interessata dallo stesso o una sua parte venga delocalizzata dal sito incentivato in favore di unità produttive situate al di fuori dell’ambito territoriale del predetto sito, in ambito sia nazionale che europeo (inclusi gli Stati aderenti allo Spazio economico europeo), entro cinque anni dalla data di conclusione dell’inizia­tiva o del completamento dell’investimento agevolato.

L’art. 5, co. 3, del D.L. 87/2018 precisa che i tempi e le modalità per il controllo del vincolo di cui ai precedenti co. 1 e 2, nonché per la restituzione dei benefici fruiti in caso di accertamento della decadenza, sono definiti da ciascuna amministrazione con propri provvedimenti, volti a disciplinare i bandi ed i contratti relativi alle misure di aiuto di propria competenza. L’importo del beneficio da restituire per effetto della decadenza è maggiorato di un tasso di interesse pari a quello ufficiale di riferimento vigente alla data di erogazione o fruizione dell’aiuto, incrementato di cinque punti percentuali.

Il successivo co. 4 chiarisce, inoltre, che per i benefici già concessi o banditi, nonché per gli investimenti agevolati già avviati, anteriormente al 14 luglio 2018, resta ferma l’applicazione della disciplina vigente anteriormente alla medesima data, inclusa, nei casi ivi previsti, quella di cui all’art. 1, co. 60, della Legge 147/2013, che:

  • limita la decadenza del beneficio alle delocalizzazioni verso Stati non appartenenti all’Unione europea, effettuate entro tre anni dalla concessione;
  • è riferita esclusivamente ad imprese beneficiarie di contributi in conto capitale;
  • è condizionata al verificarsi di una riduzione del personale pari almeno al 50%.

Il campo di operatività della nuova disciplina prevista del Decreto “Dignità” è, pertanto, più ampio di quello sancito dall’art. 1, co. 60, della Legge 147/2013.

L’art. 5, co. 5, del D.L. 87/2018 puntualizza pure che trova applicazione anche l’art. 9, co. 5, del D.Lgs. 123/1998, istituendo, quindi, il privilegio dello Stato sui crediti derivanti dalla restituzione dei benefici, e regolamentandone le modalità di recupero tramite iscrizione a ruolo.