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Affitto d’azienda e successione nei contratti

L’art. 2558, co. 3, c.c., riguardante la successione nei contratti per effetto della cessione d’azienda, è applicabile anche all’operazione d’affitto. Conseguentemente, è necessario fare riferimento al precedente co. 1 della disposizione, secondo cui i contratti stipulati per l’esercizio dell’impresa – ad eccezione di quelli aventi carattere personale e di quelli espressamente esclusi dalle parti – si trasferiscono all’affittuario, a prescindere dalla fase in cui si trova il rapporto contrattuale, purchè non sia già interamente esaurito. Non è, pertanto, indispensabile il consenso del terzo contraente ceduto, il quale può, tuttavia, recedere dal contratto, entro 3 mesi dalla notizia del trasferimento – ovvero dall’iscrizione nel registro delle imprese del contratto di usufrutto od affitto d’azienda (art. 2556, co. 2, c.c.) – se sussiste una giusta causa, come, ad esempio, la carente affidabilità morale o patrimoniale dell’affittuario: al ricorrere di tale ipotesi, il concedente è responsabile, nei confronti del terzo contraente, per l’eventuale risarcimento del danno. Gli effetti della dichiarazione di recesso, qualora rispondenti ai predetti requisiti, retroagiscono alla data dell’affitto d’azienda.

Rimane, in ogni caso, ferma la facoltà delle parti di escludere, mediante propria ed espressa manifestazione di volontà, la successione dell’affittuario in specifici contratti.

Alcune peculiarità riguardano le locazioni commerciali immobiliari, soggette alla disciplina speciale dell’art. 36 della Legge 392/1978, secondo cui il conduttore può sublocare il fabbricato o cedere il contratto anche senza il consenso del locatore, purchè venga ceduta o locata l’azienda, e ne sia data comunicazione al concedente, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Non si produce, pertanto, l’automatica successione nel contratto di locazione dell’immobile, quale effetto necessario del trasferimento d’azienda. La comunicazione al locatore è indispensabile, in quanto consente a costui di esercitare, in presenza di gravi motivi (ad esempio, lo svolgimento di attività illecite), il proprio diritto di opposizione alla sublocazione o cessione contrattuale, da manifestare entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione. Quest’ultima deve contenere gli elementi essenziali identificativi del contratto oggetto di cessione, nonché le informazioni relative alla persona del cessionario: in tale modo, il locatore viene posto nelle condizioni di verificare la sussistenza di gravi motivi idonei a giustificare un’eventuale opposizione. Qualora la comunicazione inviata al locatore non contenga tutti questi elementi, ovvero sia incompleta, non opera il termine decadenziale di 30 giorni per l’opposizione (Cass. 5817/2001). La mancata comunicazione al locatore determina l’inopponibilità del subentro, sino a quando non venga correttamente assolto tale adempimento. Non può, quindi, essere invocato il principio generale di cui all’art. 1407 c.c., per effetto del quale il locatore ha accettato tacitamente il subentro, avendone comunque avuto notizia, pur in assenza della comunicazione (Cass. 741/2002).

L’opposizione del locatore determina la sospensione dell’efficacia del contratto di sublocazione, in attesa dell’accertamento giudiziale dei gravi motivi addotti dal locatore: in caso di accoglimento, gli effetti della sublocazione si considerano come mai prodotti per lo stesso locatore.