La norma di comportamento 11.6, elaborata dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, indica i doveri di vigilanza richiesti all’organo di controllo (Collegio Sindacale o Sindaco Unico) nel caso in cui la società depositi una domanda di concordato preventivo “in bianco” (art. 44, co. 1, del D.Lgs. 14/2019), ovvero con riserva del successivo deposito – entro il termine che sarà fissato dal tribunale – della proposta, con il piano, l’attestazione di veridicità dei dati e fattibilità, e la documentazione di cui al precedente art. 39, co. 1 e 2. La presentazione di tale ricorso non altera, infatti, la funzione di vigilanza tradizionalmente esercitata dall’organo sindacale ai sensi dell’art. 2403 c.c., che intensifica la propria attività di controllo sull’adeguatezza degli assetti adottati.
Sotto il profilo operativo, i sindaci, in primo luogo, devono prendere conoscenza della decisione della società. L’organo di controllo, nell’esercizio delle funzioni riconosciutegli dall’art. 2403 c.c., deve, poi, verificare che la società depositi, unitamente al ricorso contenente la domanda, i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi e l’elenco nominativo dei creditori, la deliberazione sociale di presentazione della domanda e l’ulteriore documentazione eventualmente richiesta dalla prassi del tribunale competente (certificato o visura camerale, situazione contabile aggiornata, ecc.).
A seguito della presentazione del ricorso per concordato preventivo “con riserva”, i sindaci sono, pertanto, chiamati a vigilare sulla completezza della documentazione esibita a corredo della domanda, e sulla concreta possibilità di accedere a tale istituto. In questa prima fase, l’attività di vigilanza dell’organo di controllo si esplica, quindi, sulla corretta formazione del “fascicolo”.
L’organo sindacale deve, inoltre, verificare che il processo posto in essere dagli amministratori vada nella direzione indicata dal legislatore e non costituisca, invece, una mera iniziativa “dilatoria”: tale obbligo di vigilanza non rappresenta un generico dovere morale di tutela nei confronti terzi, bensì una specifica attribuzione dell’organo di controllo, pena l’emersione in capo a quest’ultimo dei profili di responsabilità che la legge assegna in caso di omissioni o carenze nell’adempimento dei propri compiti e funzioni.
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