L’art. 26 del D.P.R. 633/1972 non fissa una scadenza per l’esercizio del diritto all’emissione delle note di variazione IVA in diminuzione, in quanto già desumibile dai principi generali. L’art. 19, co. 1, del D.P.R. 633/1972 stabilisce, infatti, che il diritto alla detrazione “è esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto” e, quindi, alla luce del combinato disposto degli artt. 26, co. 3-bis, lett. a), del D.P.R. 633/1972, e 18, co. 2, del D.L. 73/2021, alternativamente entro l’anno di:
- accertamento dell’infruttuosità della procedura concorsuale aperta entro il 25 maggio 2021;
- avvio della procedura concorsuale decretata dal 26 maggio 2021.
Tale contesto normativo è suscettibile di porre alcuni evidenti criticità applicative, per una serie di motivi. In primo luogo, si osserva che il cedente o prestatore potrebbe non avere particolari informazioni utili per esercitare tempestivamente – entro il termine di cui all’art. 19, co. 1, del D.P.R. 633/1972 – il diritto all’emissione della nota di variazione IVA in diminuzione e, conseguentemente, alla detrazione della relativa imposta. Ad esempio, si consideri che nel fallimento i creditori ottengono le prime notizie sull’attivo realizzabile dalla procedura concorsuale dopo circa 9 mesi dall’apertura della stessa (artt. 33, co. 1 e 5, e 104-ter del R.D. 267/1942), e vi potrebbero essere tempi più lunghi per l’accertamento definitivo del passivo (artt. 16, co. 1, n. 4), e 101, co. 1, L.Fall.), che incide anch’esso sulle prospettive di soddisfazione dello specifico credito concorsuale.
A ciò si aggiunga che, nell’anno di apertura della procedura concorsuale, il cedente o prestatore potrebbe avere gli elementi per stimare soltanto una parte del credito che non incasserà certamente e, quindi, dell’importo della nota di variazione da emettere nell’anno di apertura della procedura concorsuale. In un periodo d’imposta successivo, potrebbe, tuttavia, acquisire nuove ed ulteriori informazioni che legittimerebbero una rettifica “aggiuntiva”, ma che potrebbe non beneficiare del recupero dell’IVA, a fronte di una rigida lettura dell’art. 19, co. 1, del D.P.R. 633/1972, per effetto dell’avvenuto decorso del termine della “dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto”. Ciò a condizione che il diritto alla detrazione si consideri “sorto” una sola volta, al momento di apertura della procedura concorsuale: tale interpretazione appare, tuttavia, eccessivamente restrittiva e penalizzante per il creditore, in quanto nel corso della procedura concorsuale è possibile che il diritto alla nota di variazione IVA sorga più volte, sulle base di presupposti differenti dai documenti di rettifica già emessi, ad esempio:
- la proposta di concordato preventivo, la relazione del commissario giudiziale, il decreto di omologazione e quello di esecutività del piano di ripartizione finale;
- i rapporti riepilogativi semestrali del curatore (art. 33, co. 5, del R.D. 267/1942) che si susseguono nel corso della procedura – evidenziando, talvolta, scostamenti, rispetto alla precedente informativa periodica, per effetto dell’andamento delle operazioni di realizzo – e il decreto di esecutività del piano di ripartizione finale.
Le criticità in ordine al tempestivo esercizio del diritto alla detrazione sono state evidenziate anche dalla Circolare Assonime 17/2021, secondo cui “per le procedure cui torna applicabile la nuova disciplina, sarebbe comunque opportuno che – attesa la provvisorietà della perdita e l’eventualità di una variazione in aumento nel caso in cui la procedura dovesse avere un esito in tutto o in parte positivo – fosse lasciata al contribuente la facoltà di rinviare la variazione in diminuzione fino alla conclusione della procedura, evitandosi l’anticipazione del termine ultimo di decadenza del diritto al recupero”.