La completa disapplicazione dell’art. 2112 c.c. è contemplata dal co. 5 dell’art. 47 della L. n. 428/1990, limitatamente al caso in cui il trasferimento d’azienda (affitto, cessione o conferimento) riguardi un’impresa nei confronti della quale è stato dichiarato il fallimento[1], omologato il concordato preventivo con cessione dei beni, emanato il provvedimento di liquidazione coatta amministrativa o di sottoposizione all’amministrazione straordinaria, qualora la continuazione dell’attività non sia stata disposta, o sia cessata. Al ricorrere di una di tali ipotesi, se – nel corso della consultazione sindacale di cui ai precedenti commi dell’art. 47 della L. n. 428/1990 – è stato raggiunto un accordo[2] in ordine al mantenimento, anche parziale[3], dell’occupazione[4], l’art. 2112 c.c. non si applica ai dipendenti[5] il cui rapporto di lavoro continua con l’acquirente, salvo che dall’intesa risultino condizioni di miglior favore.
I lavoratori che non passano alle dipendenze dell’affittuario (del cessionario o della conferitaria) hanno diritto di precedenza nelle assunzioni da costoro effettuate entro un anno dal trasferimento, ovvero nel maggior periodo stabilito dagli accordi collettivi. Nei confronti di tali lavoratori, che vengano assunti dal beneficiario dell’operazione in un momento successivo al trasferimento aziendale, non trova applicazione l’art. 2112 c.c. (art. 47, co. 6, della L. 428/1990).
L’operatività dell’art. 2112 c.c. è, inoltre, espressamente esclusa dall’art. 104-bis, ultimo comma, del R.D. n. 267/1942, secondo cui “La retrocessione al fallimento di aziende, o rami di aziende, non comporta la responsabilità della procedura per i debiti maturati sino alla retrocessione, in deroga a quanto previsto dagli artt. 2112 e 2560 del codice civile”. Da tale principio discende, pertanto, che l’art. 2112 c.c. trovi sempre applicazione nei casi d’affitto d’azienda diversi da quelli della restituzione al fallimento oppure delle ipotesi individuate dal predetto art. 47, commi 4-bis e 5, della L. n. 428/1990.
[1] Cass. 14 settembre 2021, n. 24691: nell’ipotesi di trasferimento d’azienda, ai fini dell’operatività degli effetti previsti dall’art. 47, comma 5, della L. n. 428/1990 “(esclusione dei lavoratori eccedentari dal passaggio presso il cessionario), in caso di trasferimento di imprese o parti di imprese il cui cedente sia oggetto di una procedura fallimentare non occorre il requisito della cessazione dell’attività di impresa, di essa costitutivo, da riferire esclusivamente alla procedura di amministrazione straordinaria”.
[2] Gli accordi conclusi in deroga all’art. 2112 c.c. sono vincolanti per tutti i lavoratori interessati, a prescindere dalla loro adesione al sindacato stipulante, non essendo quest’ultimo un requisito previsto dalla legge, la quale indica come destinatari dell’intesa i lavoratori il cui rapporto continua con l’affittuario, senza che nulla sia richiesto in ordine alla loro iscrizione o adesione al sindacato. La disapplicazione dell’art. 2112 c.c., in conseguenza dell’intervenuto accordo sindacale, richiede altresì la rinuncia individuale in sede protetta – ai sensi dell’art. 2213, comma 4, c.c. – così da assicurare stabilità all’accordo stesso, anche nei confronti dei lavoratori non iscritti o non aderenti alle organizzazioni sindacali che hanno sottoscritto l’accordo.
[3] Tale principio è, pertanto, coerente con l’art. 105, comma 3, del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, applicabile al fallimento e – in virtù del rinvio operato dal successivo art. 182, comma 5, L.Fall. – al concordato preventivo, secondo cui “Nell’ambito delle consultazioni sindacali relative al trasferimento d’azienda, il curatore, l’acquirente e i rappresentanti dei lavoratori possono convenire il trasferimento solo parziale dei lavoratori alle dipendenze dell’acquirente e le ulteriori modifiche del rapporto di lavoro consentite dalle norme vigenti”.
[4] L’accordo sindacale di mantenimento dell’occupazione può, inoltre, prevedere che il trasferimento non riguardi il personale eccedentario, e che quest’ultimo continui a rimanere, in tutto o in parte, alle dipendenze della concedente (del cedente o della conferente).
[5] L’art. 47, comma 5, della L. n. 428/1990 non si applica nei confronti dei dirigenti, i quali – a differenza di altre categorie di lavoratori – sono soggetti alla libera recedibilità del datore di lavoro, intendendosi sia il concedente, prima del perfezionamento dell’atto, che l’affittuario, in caso di prosecuzione del rapporto di lavoro (Cass. 11 gennaio 2007, n. 398, e Cass. 18 gennaio 2007, n. 1097).