Il codice civile contiene una sola disposizione rubricata all’affitto d’azienda, l’art. 2562 c.c., che, tuttavia, rinvia, alle norme sull’usufrutto di cui al precedente art. 2561 c.c., secondo cui l’affittuario è obbligato alla conservazione della destinazione dell’azienda, dell’efficienza organizzativa e degli impianti: al termine del contratto, deve essere, pertanto, liquidato il conguaglio in denaro eventualmente dovuto, sulla base della differenza tra il valore corrente iniziale e quello finale del complesso aziendale affittato, salvo il caso in cui le parti abbiano espressamente derogato, nell’atto, a tale regime convenzionale.
La predetta disciplina non si occupa, invece, delle modalità di redazione del contratto: è, pertanto, necessario fare riferimento alla disciplina dettata per la cessione d’azienda, che richiede la forma scritta, per la prova ed ai fini dell’opponibilità nei confronti dei terzi.
L’affitto d’azienda è, inoltre, soggetto ad alcune specifiche norme dettate per la cessione d’azienda: in primo luogo, l’art. 2557 c.c., che pone, in capo al concedente, il divieto di concorrenza, per tutta la durata del contratto di locazione. In particolare, il concedente deve astenersi dall’avviare una nuova impresa idonea a sviare la cliente dell’azienda affittata: il divieto in parola, operante anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili delle società di persone, non deve, tuttavia, ritenersi violato nel caso di affitto di ramo d’azienda, qualora il concedente prosegua l’esercizio dell’impresa preesistente allo stesso e, quindi, priva dell’elemento della novità.
Una seconda norma della cessione d’azienda, applicabile anche all’affitto, è rappresentata dal successivo art. 2558 c.c., per effetto del quale l’affittuario subentra nei contratti stipulati dal concedente, ad eccezione di quelli aventi carattere personale (appalto, mandato, ecc.) e di quelli espressamente esclusi dalle parti. La forma di successione in parola è automatica, in virtù della mera decorrenza degli effetti dell’affitto d’azienda: non è, pertanto, richiesto il consenso del terzo contraente, al quale è, tuttavia, accordato il diritto di recedere, entro 3 mesi dalla notizia del trasferimento, purchè sussista una giusta causa, con relativa responsabilità del concedente per l’eventuale risarcimento del danno.
Una disciplina speciale di successione nei contratti è dettata – con riferimento ad ogni tipologia di trasferimento d’azienda (temporaneo o definitivo) che coinvolga dipendenti – dall’art. 2112 c.c., secondo cui il lavoratore subordinato conserva i diritti maturati, alla data del contratto di affitto d’azienda, presso il concedente: in altri termini, l’affittuario deve rispettare i trattamenti economici e normativi stabiliti dai contratti collettivi, anche aziendali, vigenti alla data del trasferimento, e sino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili, nel medesimo settore, all’affittuario.
Non sono, invece, applicabili altre disposizioni sulla cessione d’azienda, e precisamente quelle relative ai crediti e debiti: con riferimento ai primi, l’art. 2559 c.c. ne dispone l’estensione all’affitto d’azienda, con l’effetto che l’eventuale trasferimento dei crediti deve essere espressamente previsto nel contratto di affitto d’azienda, e richiede – ai fini dell’opponibilità – la notifica al debitore ceduto, o la sua accettazione (art. 1265 c.c.). Per quanto concerne, infine, i debiti, non opera la previsione di cui all’art. 2560 c.c. e, quindi, l’affittuario non risponde dei debiti contratti dal concedente, salvo quanto previsto dalla disciplina speciale riguardante il trasferimento dell’azienda, o di rami della stessa, che comprende anche lavoratori dipendenti (art. 2112 c.c.).