La disciplina civilistica assicura la continuità di funzionamento dell’organo di controllo, i cui componenti possono cessare dall’ufficio nei casi di scadenza del mandato, decadenza, revoca, rinuncia e decesso. Salvo che si verifichi una causa di cessazione anticipata del mandato, i sindaci rimangono in carica per tre esercizi, sino alla data dell’assemblea convocata per l’approvazione del bilancio relativo all’ultimo periodo amministrativo dell’incarico (art. 2400, co. 1, secondo periodo, c.c.): la cessazione ha effetto dalla data in cui il collegio sindacale è ricostituito e, quindi, fino all’accettazione dei nuovi sindaci (Trib. Milano 1385/2010, Cass. 941/2005, Trib. Roma 27.4.1998, Trib. Verona 25.5.1988 e App. Bologna 15.4.1988). Trova, pertanto, applicazione la c.d. prorogatio, prevista esclusivamente nel caso di cessazione dell’incarico per scadenza del mandato, mentre non ricorre con riferimento alle fattispecie di decadenza, rinuncia – in presenza di specifiche condizioni (Cass. 9416/2017) – e decesso del sindaco, che hanno, pertanto, efficacia immediata, e comportano la necessità di sostituire, senza indugio, il componente del collegio.
Il mandato può, tuttavia, cessare anticipatamente, per decadenza dall’incarico, qualora il sindaco venga meno ad uno o più dei requisiti di professionalità ed eleggibilità previsti dalla legge e dallo statuto, nonché in caso di assenza ingiustificata (Trib. Genova 27.4.1995 e 19.7.1993) a due riunioni anche non consecutive del collegio nel corso del medesimo esercizio (art. 2404, co. 2, c.c.), o alle assemblee dei soci, che non siano andate deserte (Cass. 2764/1992), oppure – durante un esercizio sociale – a due adunanze consecutive del consiglio di amministrazione o del comitato esecutivo (art. 2405, co. 2, c.c.). La decadenza ha effetto dal momento in cui se ne realizzano i presupposti, non essendo previsto un procedimento accertativo (Cass. 11554/2008).
Un’altra ipotesi di cessazione anticipata dall’incarico è rappresentata dalla revoca per giusta causa (art. 2400, co. 2, c.c.), deliberata dall’assemblea ordinaria (Trib. Roma 16.2.2000, Trib. Bologna 25.5.1997 e Trib. Milano 11.7.1986), approvata dal competente tribunale, sentito il soggetto interessato (Cass. 14778/2012, e Trib. Palermo 10.7.2013): ha effetto dal momento in cui il decreto del tribunale di approvazione della deliberazione diviene definitivo.
L’interruzione del rapporto può, inoltre, essere determinata dalla libera scelta del sindaco di rassegnare, in qualsiasi momento, le proprie dimissioni, preferibilmente in forma scritta, ovvero in modo tale che le proprie determinazioni risultino dagli atti sociali. La comunicazione deve riportare le ragioni della rinuncia, ed essere indirizzata – con qualsiasi mezzo che consenta la certezza della ricezione, anche attraverso la conferma da parte dei destinatari – a ciascun componente dell’organo amministrativo, nonché ai componenti effettivi e supplenti del collegio sindacale.
La rinuncia del sindaco ha effetto immediato (Comitato Triveneto dei Notai, massima E.H.1), non essendo necessaria l’accettazione da parte dell’assemblea, salvo che lo statuto lo preveda espressamente (Cass. 5928/1986): in senso difforme da questo orientamento notarile, si è, tuttavia, espressa la Cass. 9416/2017, secondo cui la predetta conseguenza istantanea si verifica esclusivamente se il sindaco supplente assume immediatamente la carica. In mancanza, come nel caso in cui i sindaci dimissionari siano numericamente superiori a quelli supplenti, trova applicazione la c.d. prorogatio, con l’effetto che il sindaco dimissionario rimane in carica sino alla sua effettiva sostituzione. Nel caso di dimissioni plurime, l’ordine di efficacia è stabilito sulla base del momento di effettivo ricevimento delle stesse da parte della società.
La sostituzione del sindaco dimissionario può, pertanto, essere operata mediante il subingresso di un sindaco supplente, se possibile, altrimenti con la deliberazione dell’assemblea dei soci, tempestivamente convocata dagli amministratori.