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Fusione di società e concordato preventivo

Il Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Firenze, Pistoia e Prato (massima 36/2013) ritiene pienamente legittima l’operazione di fusione nell’ambito di una procedura di concordato preventivo. In particolare, la fusione societaria deve essere intesa come strumento idoneo sia ”in funzione” che ”in esecuzione” del concordato preventivo per diversi motivi. In primo luogo, si consideri che la disciplina civilistica della fusione, all’art. 2501 c.c., non prevede alcuna preclusione in ordine all’eventualità che la società possa trovarsi in concordato, od essere prossima ad entrarvi. In virtù di tale disposizione, la partecipazione ad un’operazione di fusione non è, infatti, consentita soltanto ”alle società in liquidazione che abbiano iniziato la distribuzione dell’attivo”, con l’effetto che, ove non abbia ancora avuto inizio la ripartizione dell’attivo, anche una società in liquidazione può partecipare alla fusione, in ogni forma praticabile, poiché lo stato di liquidazione non è ancora irreversibile.

Si osservi, inoltre, che l’art. 160, co. 1, lett. a), del RD 267/1942 non pone alcun divieto espresso all’attuazione dell’operazione di fusione nell’ambito del concordato preventivo affermando, infatti, che il piano concordatario può prevedere la ristrutturazione dei debiti e il soddisfacimento dei creditori in qualsiasi forma, anche attraverso l’utilizzo di “operazioni straordinarie”. Peraltro, in materia di concordato con continuità aziendale, sebbene l’art. 186-bis L. fall. non richiami espressamente la possibilità di effettuare operazioni straordinarie – ad eccezione della cessione e del conferimento dell’azienda in esercizio – la dottrina prevalente è comunque dell’avviso che questo elenco debba ritenersi meramente esemplificativo e che anche nella procedura di concordato con continuità aziendale debba ritenersi legittima la scelta di perfezionare un’operazione di fusione societaria.

Si segnala, inoltre, che nell’ambito della fusione societaria non trova applicazione l’art. 2499 c.c. in materia di trasformazione societaria, secondo cui la trasformazione sarebbe appunto consentita in pendenza di procedura concorsuale “purché non vi siano incompatibilità con lo stato e le finalità della procedura”; naturalmente, ciò vale qualora la fusione non contempli una trasformazione implicita della società risultante dalla fusione o incorporata, nel qual caso si renderebbe applicabile questo impedimento. Sul punto, il pensiero della dottrina in merito all’applicabilità dell’art. 2499 c.c. all’operazione di fusione non è univoco: una prima corrente di pensiero ha sempre sostenuto l’estendibilità analogica della norma affermando che, anche per l’operazione straordinaria di fusione, sia necessario il vaglio preventivo sulla compatibilità con lo stato della procedura e con le sue finalità. Un’altra e differente tesi si è espressa a favore dell’applicabilità del citato art. 2499 c.c., ma soltanto nel contesto di un’operazione straordinaria di trasformazione posto che tra fusione e trasformazione esisterebbero delle differenze tali da rendere impossibile l’interpretazione analogica della norma. Basti pensare che, a dispetto della trasformazione, nella fusione i creditori della società possono avvalersi dello strumento giuridico dell’opposizione all’operazione straordinaria in parola. Diversamente, la trasformazione esclude questo tipo di garanzie ai creditori, i quali potranno esercitare il diritto di opposizione nell’unica fattispecie di trasformazione eterogenea.