In sede di determinazione della base di calcolo dell’Aiuto alla Crescita Economica, sono considerati incrementi, in primo luogo, i conferimenti in denaro, dalla data del versamento (art. 1, co. 6, del D.L. 201/2011), effettuati da soci o partecipanti, così come quelli eseguiti per acquisire la qualificazione di socio o partecipante, ai sensi dell’art. 5, co. 2, lett. a), del D.M. 3.8.2017: ad esempio, un conferimento in denaro di euro 80.000 effettuato l’1.7.2017 deve essere computato per il periodo d’imposta 2017 per euro 40.000, e per l’intero nei successivi esercizi.
Tale disposizione precisa, inoltre, che:
- si reputa conferimento in denaro la rinuncia incondizionata dei soci al diritto alla restituzione dei crediti verso la società, nonché la compensazione dei crediti in sede di sottoscrizione di aumenti del capitale. La remissione del socio è, tuttavia, agevolabile soltanto se riguarda crediti non commerciali, ovvero derivanti da precedenti finanziamenti in denaro. Gli incrementi di capitale derivanti dalle predette operazioni rilevano a partire dalla data dell’atto di rinuncia del socio, ovvero da quella in cui assume effetto la compensazione;
- i conferimenti di cui alla suddetta lettera, eseguiti in attuazione di una delibera di aumento di capitale, rilevano se tale delibera è stata assunta successivamente all’esercizio in corso al 31.12.2010.
Devono essere considerati anche gli utili portati a nuovo, destinati a copertura di perdite od accantonati a riserva (a partire dall’inizio dell’esercizio di formazione della stessa), ad eccezione di quelli destinati a riserve indisponibili (art. 5, co. 2, lett. b), del D.M. 3.8.2017), intendendosi per tali quelle “formate con utili diversi da quelli realmente conseguiti ai sensi dell’art. 2433 del codice civile in quanto derivanti da processi di valutazione nonché quelle formate con utili realmente conseguiti che, per disposizione di legge, sono o divengono non distribuibili né utilizzabili ad aumento del capitale sociale né a copertura di perdite; nell’esercizio in cui viene meno la condizione dell’indisponibilità, assumono rilevanza anche le riserve non disponibili formate successivamente all’esercizio in corso al 31 dicembre 2010” (art. 5, co. 6, del D.M. 3.8.2017). Sul punto, si dovrebbero ritenere indisponibili la riserva da valutazione delle partecipazioni con il metodo del patrimonio netto e quella da adeguamento per utili su cambi non ancora realizzati (art. 2426, co. 1, n. 4) e 8-bis), c.c.), nonché le riserve derivanti da rivalutazioni monetarie. La Relazione illustrativa al D.M. 3.8.2017 chiarisce che le riserve rilevate in bilancio rientrano nella categoria delle c.d. riserve disponibili ai fini ACE, nell’ipotesi in cui è consentito almeno uno dei predetti utilizzi: si pensi, ad esempio, alla riserva legale che non ha raggiunto il limite di cui all’art. 2430, co. 1, c.c., ovvero il 20% del capitale sociale.
Rileva l’accantonamento a riserva legale, in quanto disponibile, con effetto dall’inizio dell’esercizio in cui è assunta la relativa delibera di destinazione, analogamente a quanto previsto per i decrementi, rappresentati dalle riduzioni di patrimonio netto con attribuzione ai soci a qualsiasi titolo.
Nell’ipotesi in cui il periodo d’imposta abbia una durata diversa dall’anno, la variazione in aumento deve essere ragguagliata all’estensione di questo periodo (art. 2, co. 1, ultimo periodo, del D.M. 3.8.2017), al fine di rendere tale variazione omogenea con il coefficiente di rendimento nozionale ad esso applicabile determinato su base annuale (C.M. 12/E/2014).
Nel caso di conferimenti in denaro, rilevanti dalla data del versamento, il ragguaglio deve essere operato tenendo conto del lasso temporale intercorrente tra la data del conferimento e la chiusura dell’esercizio, considerando pure la durata complessiva del periodo d’imposta.