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La cessione dell’azienda fallita

Il curatore realizza l’attivo del fallimento sulla base del programma di liquidazione: l’art. 105, co. 1, del RD 267/1942 indica, tuttavia, una gerarchia di soluzioni liquidatorie, privilegiando la conservazione dell’eventuale avviamento, del portafoglio clienti, della tecnologia, della capacità produttiva e dei rapporti di lavoro, mediante la vendita dell’azienda o di propri rami: soltanto se tale rimedio non è percorribile o utile per una maggiore soddisfazione dei creditori, il curatore procede alla liquidazione dei singoli beni dell’attivo.

Qualora il curatore ritenga profittevole per i creditori la cessione dell’azienda, o di rami della stessa, non può utilizzare le modalità di realizzo previste dall’art. 107, co. 2, del RD 267/1942, ovvero le forme dell’esecuzione forzata: queste ultime non sono, inoltre, sempre impiegabili nel caso di cessione di beni e rapporti in blocco, dei crediti, dei diritti, delle quote, delle azioni revocatorie e del mandato a riscuotere, rendendosi necessaria l’alienazione mediante procedure competitive.

Nel caso specifico dell’alienazione dell’azienda, o di rami della stessa, l’art. 105, co. 2, del RD 267/1942 stabilisce, infatti, che la cessione è effettuata con le modalità previste dall’art. 107 del RD 267/1942, in conformità a quanto disposto dall’art. 2556 c.c.: è, pertanto, necessario adottare procedure competitive – da eseguirsi con adeguate forme di pubblicità – e predisporre una relazione di stima, nonché redigere l’atto in forma di atto pubblico, o scrittura privata autenticata, per l’iscrizione presso il Registro delle Imprese. Si segnala, inoltre, l’importanza dell’art. 105, co. 3, del RD 267/1942, che consente di non applicare l’art. 2112 c.c. alla cessione dell’azienda da parte del fallimento, consentendo al curatore – nel corso delle consultazioni sindacali – di concordare con l’acquirente e i rappresentanti dei lavoratori un trasferimento soltanto parziale dei dipendenti occupati dalla fallita, o modificare il regime del rapporto di lavoro subordinato in essere nell’ambito di quanto previsto dalla normativa vigente. Tale possibilità è, tuttavia, riconosciuta qualora sussistano le specifiche condizioni previste dall’art. 47 della Legge 428/1990, tra le quali:

  • l’organico dell’azienda superiore a 15 dipendenti;
  • l’avvio delle procedure di consultazione tra il curatore e il cessionario;
  • il raggiungimento di un accordo per il mantenimento dell’occupazione.

In mancanza di tali requisiti, il curatore può sciogliere i contratti di lavoro ai sensi dell’art. 72, co. 1, del RD 267/1942 oppure, in caso di esercizio provvisorio, del successivo art. 104, co. 7, del RD 267/1942. Diversamente, i debiti di lavoro graveranno sul cessionario con evidente compressione del realizzo della vendita, salvo che il curatore risolva – con gli ulteriori strumenti normativi a disposizione – i contratti di lavoro prima della cessione dell’azienda.