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La fiscalità dei canoni d’affitto d’azienda

Il regime tributario dei canoni di locazione dell’azienda è determinato dalla natura del concedente, a seconda che si tratti o meno dell’imprenditore individuale che loca l’unica azienda: in caso affermativo, tale soggetto – per effetto del trasferimento temporaneo di tutto il suo unico complesso aziendale, a beneficio dell’affittuario, e della conseguente comunicazione all’Agenzia delle entrate, entro 30 giorni dalla conclusione del contratto – perde momentaneamente la qualifica di soggetto commerciale[1], e la corrispondente partita IVA è sospesa (salvo cessazione)[2]. Al ricorrere di tale ipotesi, i canoni d’affitto d’azienda sono esclusi dal campo di applicazione del tributo sul valore aggiunto, rientrando, quindi, in quello dell’imposta di registro proporzionale[3], nella misura del 3%[4]. È, tuttavia, possibile beneficiare di un risparmio d’imposta, se il contratto d’affitto d’azienda distingue[5] il canone riferibile alla parte immobiliare rispetto a quello relativo alla parte restante del complesso aziendale affittato: la prima frazione sconta, infatti, la minor misura del 2%[6], a differenza dell’ordinario 3%, che continua a gravare sulla quota non immobiliare[7].

La locazione, da parte dell’imprenditore individuale, dell’unica azienda comporta, quindi, la sospensione della soggettività passiva ai fini IVA, previa apposita comunicazione all’Agenzia delle entrate: la partita IVA sarà riattivata al momento della restituzione dell’azienda affittata[8], oppure non appena sarà iniziata una nuova attività soggetta ad IVA. Nel frattempo, l’imprenditore individuale è esonerato da tutti gli obblighi IVA[9]: la cessione di un bene affittato comporta, pertanto, la necessità di riattivare la partita IVA, al fine di procedere alla fatturazione e registrazione dell’operazione, alla liquidazione dell’imposta ed al relativo versamento, nonché alla presentazione della dichiarazione annuale[10].

Ai fini IRPEF, il canone percepito dall’imprenditore individuale che ha locato l’unica azienda è qualificabile come reddito diverso[11] (da riportare nel rigo RL9 del Modello Redditi – Persone Fisiche) e, quindi, rilevante in base al principio di cassa: è soggetta ad imposizione la differenza tra i canoni percepiti e le eventuali spese sostenute per la produzione degli stessi[12], come le spese di manutenzione e riparazione straordinaria ed ammodernamento[13]. Diversamente, non rientra nel campo di applicazione dell’IRAP, per carenza del requisito soggettivo[14], non essendo più un imprenditore commerciale, con relativa esclusione dai soggetti passivi del tributo regionale. Specularmente, se l’affittuario - alla data del contratto di concessione in godimento dell’azienda - non rivestiva già la qualifica di imprenditore commerciale, la acquisisce per effetto di tale operazione: il canone d’affitto diventa, quindi, un costo deducibile dal reddito d’impresa e dalla base imponibile IRAP[15].

Diversamente, qualora l’affitto sia effettuato dall’imprenditore individuale che loca un ramo dell’unica azienda, oppure una delle proprie aziende, o da parte di società, i canoni sono soggetti ad IVA ordinaria[16] e – in virtù del principio di alternatività[17] – all’imposta di registro in misura fissa (euro 200): concorrono alla formazione del reddito d’impresa e della base imponibile IRAP[18], come componenti positivi, essendo imputati alla voce A)1) del Conto economico, se l’affitto d’azienda rappresenta il core business dell’impresa, o alla voce A)5) qualora si tratti di una mera attività accessoria.

Si rammenta, inoltre, la sussistenza di una norma antielusiva[19], secondo cui il trattamento fiscale in materia di imposte indirette, previsto per le locazioni immobiliari, si applica – se meno favorevole – anche all’affitto d’azienda, qualora risultino soddisfatte due condizioni:

– il valore normale[20] dei fabbricati supera il 50% del valore dell’azienda;

– l’applicazione dell’IVA e dell’imposta di registro per l’affitto d’azienda consente un risparmio d’imposta[21], rispetto all’applicazione delle imposte previste per le locazioni di fabbricati (condizione sempre verificata per gli immobili strumentali[22], i cui canoni di locazione sono soggetti anche all’imposta di registro dell’1%).

In caso di adozione della disciplina delle locazioni di fabbricati, non è ammesso l’esercizio dell’opzione per l’imponibilità IVA dei canoni d’affitto d’azienda[23].

La predetta disposizione è applicabile alle locazioni con IVA, ma non a quelle soggette all’imposta di registro in misura proporzionale, come nel caso dell’affitto dell’unica azienda dell’imprenditore individuale.

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[1] Comm. trib. centr. 25 marzo 2002, n. 2489/26/02; Cass. 8 maggio 2019, n. 1238: la “commercialità”, quale presupposto essenziale per l’applicazione delle disposizioni in materia di reddito d’impresa, viene meno nel caso di concessione in affitto dell’unica azienda posseduta e nella mera percezione di un canone d’affitto.

[2] L’imprenditore individuale che ha affittato la sua unica azienda conserva, pertanto, la propria partita IVA, con l’effetto che potrà riutilizzarla dopo la scadenza del contratto e sino alla cessazione dell’attività (C.M. 4 novembre 1986, n. 72).

[3] Agenzia delle entrate, risposta 21 dicembre 2018, n. 124; Cass. 19 luglio 2017, n. 17791.

[4] Art. 9 della Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131; C.M. 19 marzo 1985, n. 26, par. 11.

[5] Circolare 29 maggio 2013, n. 18, par. 6.54.

[6] Art. 5 della Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. n. 131/1986.

[7] Art. 23, comma 1, del D.P.R. n. 131/1986.

[8] Risoluzione 28 novembre 2002, n. 374: nel caso dell’imprenditore individuale che affitta l’unica azienda, “lo status di imprenditore, di conseguenza, viene meno in capo al concedente per l’intera durata del contratto di affitto, salva l’ipotesi in cui lo stesso sia titolare di un’altra azienda e prosegua così un’attività d’impresa”. Pertanto, non rileva, ai fini della qualificazione di imprenditore, l’eventuale inizio di un’attività professionale.

[9] Il concedente, nonostante la sospensione della soggettività passiva, è comunque tenuto alla presentazione della dichiarazione annuale IVA con riferimento alle operazioni effettuate tra il 1° gennaio dell’anno di stipulazione del contratto d’affitto e la data dell’atto stesso.

[10] C.M. 30 maggio 1995, n. 154.

[11] Art. 67, comma 1, lett. h), del T.U.I.R.

[12] Dovrebbero, pertanto, ritenersi integralmente deducibili anche le spese sostenute contrattualmente dal concedente per il mantenimento del complesso aziendale.

[13] Art. 71, comma 2, del T.U.I.R. L’imprenditore individuale che ha affittato l’unica azienda non può, pertanto, più avvalersi dei criteri di deducibilità previsti per il reddito d’impresa rispetto ad un reddito costituito dai canoni d’affitto d’azienda, i quali, in difetto di qualsiasi atto di residuata gestione, non possono considerarsi come conseguiti nell’esercizio dell’originaria impresa, cessata con il subentro del terzo (Cass. 25 settembre 2019, n. 23851; Id., 20 luglio 2018, n. 19430; Id., 29 marzo 2006, n. 7292).

[14] Art. 3 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446.

[15] C.M. 26 luglio 2000, n. 148/E.

[16] Fa eccezione l’affitto dell’azienda agricola, che è esente da IVA (art. 10, comma 1, n. 8, del D.P.R. n. 633/1972), e soggetto all’imposta di registro in misura proporzionale.

[17] Art. 40 del D.P.R. n. 131/1986.

[18] Artt. 5 e 5-bis del D.Lgs. n. 446/1997.

[19] Art. 35, comma 10-quarter, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223.

[20] Art. 14 del D.P.R. n. 633/1972.

[21] Relativamente ai criteri operativi del confronto, si vedano, circolare 1° marzo 2007, n. 12/E, par. 5, e risoluzione 6 febbraio 2008, n. 35.

[22] Circolare 29 maggio 2013, n. 18/E, par. 6.56; Cass. 24 marzo 2021, n. 8243.

[23] Circolare 1° marzo 2007, n. 12/E.