L’art. 182-bis del RD 267/1942 stabilisce che il debitore può chiedere al tribunale l’omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti raggiunti con i creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti.
Può fare ricorso a tale istituto l’imprenditore fallibile in stato di crisi, ma anche quello agricolo (Cass. 12215/2012), ai sensi dell’art. 23, co. 43, del DL 98/2011: quest’ultimo, peraltro, può proporre – a norma dell’art. 7, co. 2-bis, della Legge 3/2012 – un accordo di ristrutturazione dei debiti, ovvero l’accesso ad una procedura concorsuale prevista per i soggetti non fallibili.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, l’accordo di ristrutturazione dei debiti, anche se si tratta di un’ipotesi intermedia tra le forme di composizione stragiudiziale e le soluzioni concordatarie della crisi d’impresa, appartiene agli istituti del diritto concorsuale. Infatti, la stessa disciplina prevista dal legislatore risulta “coerente” rispetto alle caratteristiche dei procedimenti concorsuali quanto a forme di controllo e pubblicità sulla composizione negoziata, oltre agli effetti protettivi (Cass. 1182/2018 e Cass. 9087/2018).
Inoltre, l’assoggettamento alla disciplina concorsuale può essere desunto, anche se in maniera implicita, dalle pronunce della giurisprudenza di legittimità che hanno posto, insieme al concordato preventivo, anche l’accordo di ristrutturazione dei debiti fra le procedure concorsuali alternative al fallimento (Cass. 1182/2018, che richiama Cass. 23111/2014 e Cass. 16950/2016).
Si ricorda, infine, che dal 15.7.2022 gli accordi di ristrutturazioni dei debiti saranno disciplinati dagli artt. 57 e ss. del D.Lgs. 14/2019, recante il nuovo “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza”.