placeholder

Procedure di regolazione della crisi d’impresa, novità del Decreto “Correttivo”

L’art. 7, co. 1, del D.Lgs. 147/2020 ha integrato l’art. 38 del D.Lgs. 14/2019 (in vigore dall’1.9.2021), con il co. 3, secondo cui il pubblico ministero può intervenire in tutti i procedimenti diretti all’apertura di una procedura di regolazione della crisi e dell’insolvenza.

Il successivo co. 7 dell’art. 7 del Decreto “Correttivo” ha stabilito che, nell’ipotesi di domanda di accesso al giudizio di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti, il tribunale potrà nominare un commissario giudiziale, facoltà che si tramuta in obbligo qualora penda un’istanza per la liquidazione giudiziale (art. 44, co. 4, CCI).

Il co. 7 dell’art. 7 del Decreto “Correttivo” ha riformulato il co. 5 dell’art. 48 CCI, estendendo l’applicazione del c.d. cram down fiscale – originariamente previsto soltanto nell’accordo di ristrutturazione dei debiti, e limitatamente alle passività verso l’Amministrazione Finanziaria – al concordato preventivo e ai debiti contributivi. La norma novellata consentirà, pertanto, al Tribunale di omologare gli accordi di ristrutturazione dei debiti o il concordato preventivo, anche in mancanza dell’adesione degli enti fiscali e previdenziali, determinante per il raggiungimento dei quorum (artt. 57 co. 1 e 60 co. 1 CCI) o delle maggioranze di legge (art. 109 co. 1 CCI). Rimarrà, tuttavia, necessario che la proposta di soddisfazione dei creditori tributari e contributivi – anche sula base della relazione di attestazione del professionista indipendente – sia conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria.

L’art. 7, co. 11, del Decreto “Correttivo” ha riscritto l’art. 54 CCI, precisando che le misure protettive disposte conservano efficacia anche se il debitore – prima della scadenza del termine fissato ai sensi dell’art. 44, co. 1, lett. a), CCI – deposita la domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti in luogo della proposta di concordato preventivo. È, inoltre, specificato che la durata delle misure protettive, stabilita dal giudice in sede di conferma delle stesse, non può essere superiore a quattro mesi (art. 55, co. 3, CCI).